Eravamo agli inizi del 2020.
I primi due mesi mi stavano facendo intravedere un anno che mi avrebbe portato verso gli obiettivi che mi ero prefisso nel campo professionale e personale.
Avevo già definito delle importanti vendite per dei viaggi che si sarebbero dovuti effettuare nel corso dell'anno.
Avevo partecipato in qualità di sponsor a un evento che si tenne al Teatro Fellini presso gli Studios di Cinecittà. Una serata a cui avevano partecipato diverse persone e io ero anche salito sul palco per premiare la vincitrice davanti a un pubblico di 500 persone.
Avevo effettuato, come di consuetudine, delle docenze presso l'Istituto Colombo di Roma e avevo in programma degli interventi in aula presso altri istituti.
Il nostro team di lavoro era pronto a coordinare i vari progetti.
Avevamo pianificato una serie d'incontri in cui avrebbero partecipato degli ospiti per conoscerci di persona e avviare delle proficue relazioni.
Mi sentivo al massimo.
Mi sembrava quasi di essere tornato indietro nel tempo a quei periodi in cui mi sentivo addosso una carica di energia così forte da non farti temere alcuna sfida.
Poi è arrivato il subdolo nemico che si è insinuato nelle nostre vite, nei nostri progetti, nelle nostre giornate.
Quella nuvola grigia si è andata oscurando giorno dopo giorno, finché si è trasformata in un carico di angoscia.
Ci siamo ritrovati dentro le nostre case, come degli animali costretti alla cattività.
Mi sono ritrovato nella mia casa con strumenti che erano quelli che avevo usato fino ad allora, per collegarmi su internet quando ne avessi avuto qualche necessità o per scrivere qualcosa su word.
La mia stanza era, ed è una stanza di una casa normale, attrezzata per essere una stanza di una casa.
Non potevo pensare che una stanza dove normalmente svolgi le attività casalinghe, la stanza dove ti rilassi, la stanza dove incontri un amico, dovesse trasformarsi in un ufficio.
Per essere un ufficio adeguato la devi attrezzare e la mia non era attrezzata.
La speranza era che questa riorganizzazione durasse un tempo limitato.
I giorni trascorrevano e dopo le cantate sui balconi, le pentolate, gli inni nazionali, è cominciato il periodo dei webinar.
Nessuno mi chiedeva più se avessi questa applicazione.
Mi arrivavano gli inviti con dei link che rimandavano a Zoom, a Google Meet e ad altre applicazioni che ho dovuto scaricare sul desktop.
Pensavo di aver risolto.
Mi sono cominciato a collegare, fiero del mio salto tecnologico e sono iniziati i problemi con la connessione (troppo lenta?), con la webcam, con il microfono.
A volte in diretta, a volte in differita ho cercato di entrare nei back office delle applicazioni per il setting.
Altro traguardo raggiunto.
Ero pronto a gestire anche la mia prima lezione on line con un prestigioso istituto romano dove sarei dovuto andare di persona ma questo non fu possibile.
Mi avevano chiamato e mi avevano proposto di farlo da casa collegandomi.
Ero sicuro di me.
Il giorno della lezione mi arriva un link per una nuova applicazione che ti rimanda a delle piattaforme create per questo scopo.
Altra app da scaricare sul desktop.
Il giorno prefissato entro e sono pronto. La lezione era alle 16.00. Alle 16.30 io e la coordinatrice scolastica a cercare entrambi di capire perché sia la loro che la mia piattaforma non interagissero, mentre una classe di 25 persone che si stavano preparando per un master, erano in attesa della presentazione dell'esperto del turismo.
Probabilmente all'inizio avranno avuto dei dubbi sulle mie capacità di adattamento tecnologico.
Mi sono ripreso la rivincita quando li ho tenuti in ascolto, e non volevano più chiudere la conversazione, per quanto erano rimasti affascinati da quello che gli avevo esposto.
Mentre si andava avanti con queste situazioni, è cominciato il periodo delle dirette su Facebook o su Instagram.
La mia agenda si andava riempiendo di "appuntamenti virtuali".
Se prima l'agenda aveva uno spazio temporale tra le ore 10 e le ore 18, adesso si stava estendendo dalle ore 07 alle ore 24.
Chi si era inventato il "vediamoci per un caffé", altri ti invitavano all'happy hour on line.
Nel campo della formazione e della crescita personale, elementi di spicco come Roberto Re, Frank Merenda. Livio Sgarbi, avevano programmato delle dirette serali che andavano a sostituire le giornate di meeting svolte, di solito, in bellissime, confortevoli, spaziose sale di grandi alberghi.
Serate che iniziavano alle ore 21 per protrarsi fino alle ore 23.30 e poi alla fine ci stava pure il tempo per le domande. La domanda che avrei voluto fare era " non sarebbe il caso di andare a dormire, visto che domani ho un call alle 7?"
In questo 2020 avevo avuto la brillante idea di segnarmi alla Wall Street English al fine di ottimizzare la mia conoscenza della lingua inglese. Avevo scelto una sede vicino al mio ufficio (quello reale non quello virtuale) per andarci prima di recarmi al lavoro. Nel programma di studio sono previste una serie d'incontri con dei tutor di madre lingua per praticare la conversazione. Tutto questo mi affascinava, il dovermi di nuovo confrontare con l'apprendimento.
Mi sono ritrovato a dover fare la maggior parte di queste conversazioni on line. Altra applicazione da scaricare sul desktop. Quando mi sono collegato, non sempre la connessione era ottimale e quindi la stessa app l'ho dovuta anche inserire sulla home del telefonino che ormai ha esaurito gli spazi disponibili per accoglierne altre.
Pensavo di aver finito e invece è arrivato il momento in cui ti cominciano a chiederti un video da trasmettere su una delle migliaia di pagine Facebook, nate in questo periodo.
Molti nel chiederti questo supporto, pensano che chi lo debba produrre abbia uno studio di registrazione in casa, dimenticando che spesso le normali case sono in coabitazione con altre persone che nel frattempo sono impegnate in altre attività.
Provi a registrare e ti ritrovi il rumore dell'aspirapolvere, il suono del campanello di casa, il postino al citofono, il cane del vicino che non smette di ululare...
Dopo vari tentativi sei riuscito a crearti uno spazio isolato e sei pronto a riprendere te stesso mentre parli.
Sei lì con il tuo telefonino, lo piazzi sul treppiede così sta con il fermo immagine (evitando effetto Parkinson), la ricarica inserita. Tutto pronto. Stai andando alla grande. Ad un certo punto della registrazione ti lascia in panne e ti arriva la notifica "memoria interna non disponibile".
Nel frattempo, infatti, quel telefonino è diventato un album che ha accumulato foto, vignette, citazioni, animazioni, emoticon e non ce la fa più, lo devi alleggerire.
Volevo vendere viaggi...
Mi ritrovo una stanza con fili dappertutto, cellulari, microfoni, treppiede.
Sul desktop del computer cartelle, sottocartelle, files, app.
Il telefonino è un labirinto di icone che corrispondono a vie preferenziali per arrivare a entrare nelle tante stanze segrete.
A proposito di stanze che dire delle stanze virtuali, quelle dove vieni fatto precipitare durante una delle tante dirette.
Arrivi in quelle stanze, sul monitor compaiono delle immagini di sconosciuti con i quali nel giro di qualche minuto, ci si deve presentare, si deve superare l'imbarazzo del "chi sei?".
Dirette che ti portano in ambienti dove lo sfondo più sfruttato è stato quello delle librerie (alcuni fanno sfoggio di librerie così stracolme di libri che mi chiedo quando li abbiano potuti leggere).
Ho visto anche tante mansarde, tanti ambienti stile Ikea, case in campagna con sottofondo di uccellini, uffici con mega logo aziendale alle spalle...
Volevo vendere viaggi e mi sono ritrovato su Zoom.
Santo David
Sei fantastico la lettura dei tuoi racconti è una delle cose più piacevoli del covid ma io sono una nostalgica ed apprezzo ancor di più di quando racconti i tempi che furono quelle bene riflessioni che sanno di pane burro e zucchero che mi riportano a giornate dove eravamo piu poveri ma piu sereni. Grazie
RispondiEliminaBellissimo articolo Santo, mi hai fatto venir voglia di ritornare al passato, penso ci sia troppa tecnologia. Penso inoltre che questa situazione sia inaccettabile, soprattutto i dpcm illegittimi
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