giovedì 31 dicembre 2020

Il giro del mondo in dodici mesi: attese, speranze, riflessioni di un agente di viaggi.



Se dovessimo parlare del 2020, cosa potremmo dire di più che non sia già stato detto.

Mattinate, giorni, sere, notti angoscianti ci hanno accompagnato, offuscando le nostre aspirazioni, mettendo a dura prova ogni nostro desiderio, facendoci sentire fragili e insicuri.

So bene che ci sono altre priorità da rispettare prima che si possa tornare a parlare del viaggio.

Eppure del viaggio si dovrà tornare a parlare. 

Non lo dovremo fare per capire quali siano i confini entro i quali potersi muovere.

Da quando esiste l'umanità il viaggio è scoperta, libertà, fuga.

Il viaggio è come uno scrigno prezioso che racchiude desideri, sogni, emozioni, attese.

Un viaggio può riservarci sorprese che possono cambiare le nostre vite.

Una spiaggia bianca, il vento che accarezza la pelle, un cielo tropicale pieno di stelle, una musica in sottofondo, un sorriso che ti arriva diretto al cuore e il cuore inizia a palpitare, perché in un viaggio ci si può anche innamorare.


In tanti anni di agenzia ho incontrato tante persone che stavano attraversando momenti difficili della vita, si sentivano in preda alla tristezza.

Hanno cercato in un viaggio la possibilità di uscire da quelle situazioni. 

Il coraggio si è fatto spazio, hanno vinto la paura di partire e nel viaggio hanno ritrovato quanto avevano perduto. Hanno ritrovato se stesse e il loro cuore è tornato a palpitare.

Abbiamo voglia di visi che tornano a guardarsi. 

Non vogliamo vedere solo gli occhi di quella persona, vogliamo farci ammaliare dal suo sorriso senza che questo sia nascosto dietro una mascherina.

Abbiamo voglia di lasciarci andare, di stringere le mani e da quelle mani ricevere sensazioni.

Abbracciare, baciare, amare.

Camminare sulla spiaggia all'alba, al tramonto, respirare, godere del momento.

Ammirare le stelle, la luna, immergerci nel mare azzurro, farci inebriare da quei profumi esotici che spesso esaltano la bellezza di un viaggio.

Le strade del mondo, i vicoli, le piazze, le stazioni, gli aeroporti, i porti, gli alberghi devono tornare a vivere di gioia.

Quella gioia che puoi provare in qualsiasi parte del mondo, sia che stai viaggiando in America, sia se stai viaggiando dall'altra parte del pianeta, perché il viaggio è gioia.

La gioia di condividere una periodo della vita con persone di altra cultura, di altro colore, di altre religioni.

Parlare con loro, capire come vivono, le loro tradizioni, la loro cucina.

Il mondo non può vivere relegato in un mondo di confini perché ci sta un nemico che ha imposto quanto era stato abbattuto per dare la libertà agli individui.

In quest'anno così angosciante, il ricordo dei tanti viaggi che ho potuto fare, il ricordo dei tanti visi che ho incontrato nel mondo, i momenti di gioia vissuti, mi hanno aiutato a rendere meno buio il trascorrere dei giorni.

Da Marzo è come se fossimo entrati in una sorta di sospensione, un fermo operativo a cui non ero abituato, perché in altre precedenti situazioni avevamo avuto dei fermi ma non di questo spessore.

Tanti progetti su cui lavorare ma le mie mani stanno fremendo nell'attesa che le persone possano tornare a sentirsi libere di poter di nuovo partire, e io con le mie mani possa scrivere il loro viaggio, perché quando si prepara un preventivo, un contratto, questi non sono solo dei "pezzi di carta" ma in essi già ci sta l'anticipazione di quello che verrà dopo, quando il desiderio si trasforma nella reale esperienza.

Caro 2021 sai bene che ti stiamo dando una grande responsabilità.

Tu ci dovrai far dimenticare l'anno che ti precede.

In te noi riponiamo tutte le nostre speranze.

Un augurio di cuore a tutto il mondo.

Con affetto da Santo David

mercoledì 23 dicembre 2020

Lettera a Babbo Natale da un agente di viaggi.

 


Caro Babbo Natale.

Quando ero piccolino ti scrivevo la letterina, la nascondevo sotto il piatto. 

Mio papà faceva finta di essere sorpreso nel trovarla. 

La leggeva e le altre persone ascoltavano con attenzione per poi farmi gli applausi alla fine.

Di anni ne sono passati.

Oggi non sono più un bambino eppure sento che ti devo scrivere di nuovo.

Questa volta non lo faccio solo per me. Fai conto che a scriverti sono tantissime persone.

Caro Babbo Natale,

lo sai benissimo che questo 2020 ha rappresentato il peggior anno per il turismo dal dopoguerra?

La colpa non è certo la tua.

Ci avevi lasciato ed eri contento di vederci sereni, in attesa di continuare a mietere successi nel 2020.

Hai fatto in tempo a ritornartene nella tua casa e rifugiarti in essa, prima che tutto il mondo piombasse in una planetaria angoscia.

Pensavamo e speravamo che al tuo ritorno fossimo usciti da quell'incubo ed invece ci siamo ancora dentro e non sappiamo con certezza cosa ci riserverà il futuro.

Quando ero piccolino scrivevo quella lettera anche perché sapevo che alla fine della lettura, avrei ricevuto dei soldini che avrei investito nell'acquisto di quei libri che amavo tanto leggere.

Anche quest'anno abbiamo scritto tante lettere con la differenza che sono state lette e ignorate.

Vorremmo tanto poterti festeggiare, ma molti di noi si trovano in una grande difficoltà e dovranno fare uno sforzo immane per nascondere il loro disagio, il loro malessere, specialmente i padri e le madri che troveranno la letterina di un figlio o di una figlia.

Caro Babbo Natale tu che sei un vecchio saggio, illumina i nostri percorsi.

Se puoi, mettici anche tu una buona parola perché questo incubo possa finire.

Noi ce l'abbiamo messa tutta. Ci volevano estinti e non ci sono riusciti.

Siamo ancora qui, stremati, stanchi, delusi ma ci siamo.

Abbiamo dimostrato di avere una resistenza incredibile.

Caro Babbo Natale, ti chiediamo di darci ancora una riserva di forza per superare questo ulteriore periodo che ci attende. 

E' come se avessimo percorso una lunga maratona e ora vorremmo entrare nello stadio, compiere gli ultimi giri e tagliare il traguardo che non sarà un traguardo ma deve essere una nuova partenza che ci possa portare a riprenderci tutto quello che ci è mancato.

Abbiamo bisogno di aiuti economici, ma abbiamo bisogno di tornare a disegnare sulla mappa del mondo itinerari da condividere con chi sogna un viaggio.

Caro Babbo Natale...






venerdì 18 dicembre 2020

Volevo vendere viaggi. Mi sono ritrovato su Zoom


 

Eravamo agli inizi del 2020.

I primi due mesi mi stavano facendo intravedere un anno che mi avrebbe portato verso gli obiettivi che mi ero prefisso nel campo professionale e personale.

Avevo già definito delle importanti vendite per dei viaggi che si sarebbero dovuti effettuare nel corso dell'anno.

Avevo partecipato in qualità di sponsor a un evento che si tenne al Teatro Fellini presso gli Studios di Cinecittà. Una serata a cui avevano partecipato diverse persone e io ero anche salito sul palco per premiare la vincitrice davanti a un pubblico di 500 persone.

Avevo effettuato, come di consuetudine, delle docenze presso l'Istituto Colombo di Roma e avevo in programma degli interventi in aula presso altri istituti.

Il nostro team di lavoro era pronto a coordinare i vari progetti.

Avevamo pianificato una serie d'incontri in cui avrebbero partecipato degli ospiti per conoscerci di persona e avviare delle proficue relazioni.

Mi sentivo al massimo.

Mi sembrava quasi di essere tornato indietro nel tempo a quei periodi in cui mi sentivo addosso una carica di energia così forte da non farti temere alcuna sfida.

Poi è arrivato il subdolo nemico che si è insinuato nelle nostre vite, nei nostri progetti, nelle nostre giornate.

Quella nuvola grigia si è andata oscurando giorno dopo giorno, finché si è trasformata in un carico di angoscia.

Ci siamo ritrovati dentro le nostre case, come degli animali costretti alla cattività.


Lo abbiamo fatto a testa alta perché sapevamo che quel sacrificio era da sopportare per il rispetto delle tante persone che stavano morendo, per chi negli ospedali stava dando tutto se stesso (anche fino alla morte), per aiutare pazienti che non hanno avuto neanche la possibilità di lasciare questo mondo, accarezzati dal tocco di mano di un parente, quel tocco che rende meno traumatico il distacco.

Mi sono ritrovato nella mia casa con strumenti che erano quelli che avevo usato fino ad allora, per collegarmi su internet quando ne avessi avuto qualche necessità o per scrivere qualcosa su word.

La mia stanza era, ed è una stanza di una casa normale, attrezzata per essere una stanza di una casa.

Non potevo pensare che una stanza dove normalmente svolgi le attività casalinghe, la stanza dove ti rilassi, la stanza dove incontri un amico, dovesse trasformarsi in un ufficio.

Per essere un ufficio adeguato la devi attrezzare e la mia non era attrezzata.


La speranza era che questa riorganizzazione durasse un tempo limitato.

I giorni trascorrevano e dopo le cantate sui balconi, le pentolate, gli inni nazionali, è cominciato il periodo dei webinar.

Ero rimasto a Skype

Nessuno mi chiedeva più se avessi questa applicazione.

Mi arrivavano gli inviti con dei link che rimandavano a Zoom, a Google Meet e ad altre applicazioni che ho dovuto scaricare sul desktop.

Pensavo di aver risolto.

Mi sono cominciato a collegare, fiero del mio salto tecnologico e sono iniziati i problemi con la connessione (troppo lenta?), con la webcam, con il microfono.

A volte in diretta, a volte in differita ho cercato di entrare nei back office delle applicazioni per il setting.

Altro traguardo raggiunto. 

Ero pronto a gestire anche la mia prima lezione on line con un prestigioso istituto romano dove sarei dovuto andare di persona ma questo non fu possibile.

Mi avevano chiamato e mi avevano proposto di farlo da casa collegandomi.

Ero sicuro di me. 

Il giorno della lezione mi arriva un link per una nuova applicazione che ti rimanda a delle piattaforme create per questo scopo.

Altra app da scaricare sul desktop. 

Il giorno prefissato entro e sono pronto. La lezione era alle 16.00. Alle 16.30 io e la coordinatrice scolastica a cercare entrambi di capire perché sia la loro che la mia piattaforma non interagissero, mentre una classe di 25 persone che si stavano preparando per un master, erano in attesa della presentazione dell'esperto del turismo.

Probabilmente all'inizio avranno avuto dei dubbi sulle mie capacità di adattamento tecnologico.

Mi sono ripreso la rivincita quando li ho tenuti in ascolto, e non volevano più chiudere la conversazione, per quanto erano rimasti affascinati da quello che gli avevo esposto.



Mentre si andava avanti con queste situazioni, è cominciato il periodo delle dirette su Facebook o su Instagram.

La mia agenda si andava riempiendo di "appuntamenti virtuali". 

Se prima l'agenda aveva uno spazio temporale tra le ore 10 e le ore 18, adesso si stava estendendo dalle ore 07 alle ore 24.

Chi si era inventato il "vediamoci per un caffé", altri ti invitavano all'happy hour on line.

Nel campo della formazione e della crescita personale, elementi di spicco come Roberto Re, Frank Merenda. Livio Sgarbi, avevano programmato delle dirette serali che andavano a sostituire le giornate di meeting svolte, di solito, in bellissime, confortevoli, spaziose sale di grandi alberghi.

Serate che iniziavano alle ore 21 per protrarsi fino alle ore 23.30 e poi alla fine ci stava pure il tempo per le domande. La domanda che avrei voluto fare era " non sarebbe il caso di andare a dormire, visto che domani ho un call alle 7?"

In questo 2020 avevo avuto la brillante idea di segnarmi alla Wall Street English al fine di ottimizzare la mia conoscenza della lingua inglese. Avevo scelto una sede vicino al mio ufficio (quello reale non quello virtuale) per andarci prima di recarmi al lavoro. Nel programma di studio sono previste una serie d'incontri con dei tutor di madre lingua per praticare la conversazione. Tutto questo mi affascinava, il dovermi di nuovo confrontare con l'apprendimento.

Mi sono ritrovato a dover fare la maggior parte di queste conversazioni on line. Altra applicazione da scaricare sul desktop. Quando mi sono collegato, non sempre la connessione era ottimale e quindi la stessa app l'ho dovuta anche inserire sulla home del telefonino che ormai ha esaurito gli spazi disponibili per accoglierne altre.

Pensavo di aver finito e invece è arrivato il momento in cui ti cominciano a chiederti un video da trasmettere su una delle migliaia di pagine Facebook, nate in questo periodo.

Molti nel chiederti questo supporto, pensano che chi lo debba produrre abbia uno studio di registrazione in casa, dimenticando che spesso le normali case sono in coabitazione con altre persone che nel frattempo sono impegnate in altre attività.




Provi a registrare e ti ritrovi il rumore dell'aspirapolvere, il suono del campanello di casa, il postino al citofono, il cane del vicino che non smette di ululare...

Dopo vari tentativi sei riuscito a crearti uno spazio isolato e sei pronto a riprendere te stesso mentre parli. 

Sei lì con il tuo telefonino, lo piazzi sul treppiede così sta con il fermo immagine (evitando effetto Parkinson), la ricarica inserita. Tutto pronto. Stai andando alla grande. Ad un certo punto della registrazione ti lascia in panne e ti arriva la notifica "memoria interna non disponibile".

Nel frattempo, infatti,  quel telefonino è diventato un album che ha accumulato foto, vignette, citazioni, animazioni, emoticon e non ce la fa più, lo devi alleggerire.

Volevo vendere viaggi...

Mi ritrovo una stanza con fili dappertutto, cellulari, microfoni, treppiede.

Sul desktop del computer cartelle, sottocartelle, files, app.

Il telefonino è un labirinto di icone che corrispondono a vie preferenziali per arrivare a entrare nelle tante stanze segrete. 

A proposito di stanze che dire delle stanze virtuali, quelle dove vieni fatto precipitare durante una delle tante dirette.

Arrivi in quelle stanze, sul monitor compaiono delle immagini di sconosciuti con i quali nel giro di qualche minuto, ci si deve presentare, si deve superare l'imbarazzo del "chi sei?".

Dirette che ti portano in ambienti dove lo sfondo più sfruttato è stato quello delle librerie (alcuni fanno sfoggio di librerie così stracolme di libri che mi chiedo quando li abbiano potuti leggere).

Ho visto anche tante mansarde, tanti ambienti stile Ikea, case in campagna con sottofondo di uccellini, uffici con mega logo aziendale alle spalle...

Volevo vendere viaggi e mi sono ritrovato su Zoom.



Santo David