31 dicembre 2020

Il giro del mondo in dodici mesi: attese, speranze, riflessioni di un agente di viaggi.



Se dovessimo parlare del 2020, cosa potremmo dire di più che non sia già stato detto.

Mattinate, giorni, sere, notti angoscianti ci hanno accompagnato, offuscando le nostre aspirazioni, mettendo a dura prova ogni nostro desiderio, facendoci sentire fragili e insicuri.

So bene che ci sono altre priorità da rispettare prima che si possa tornare a parlare del viaggio.

Eppure del viaggio si dovrà tornare a parlare. 

Non lo dovremo fare per capire quali siano i confini entro i quali potersi muovere.

Da quando esiste l'umanità il viaggio è scoperta, libertà, fuga.

Il viaggio è come uno scrigno prezioso che racchiude desideri, sogni, emozioni, attese.

Un viaggio può riservarci sorprese che possono cambiare le nostre vite.

Una spiaggia bianca, il vento che accarezza la pelle, un cielo tropicale pieno di stelle, una musica in sottofondo, un sorriso che ti arriva diretto al cuore e il cuore inizia a palpitare, perché in un viaggio ci si può anche innamorare.


In tanti anni di agenzia ho incontrato tante persone che stavano attraversando momenti difficili della vita, si sentivano in preda alla tristezza.

Hanno cercato in un viaggio la possibilità di uscire da quelle situazioni. 

Il coraggio si è fatto spazio, hanno vinto la paura di partire e nel viaggio hanno ritrovato quanto avevano perduto. Hanno ritrovato se stesse e il loro cuore è tornato a palpitare.

Abbiamo voglia di visi che tornano a guardarsi. 

Non vogliamo vedere solo gli occhi di quella persona, vogliamo farci ammaliare dal suo sorriso senza che questo sia nascosto dietro una mascherina.

Abbiamo voglia di lasciarci andare, di stringere le mani e da quelle mani ricevere sensazioni.

Abbracciare, baciare, amare.

Camminare sulla spiaggia all'alba, al tramonto, respirare, godere del momento.

Ammirare le stelle, la luna, immergerci nel mare azzurro, farci inebriare da quei profumi esotici che spesso esaltano la bellezza di un viaggio.

Le strade del mondo, i vicoli, le piazze, le stazioni, gli aeroporti, i porti, gli alberghi devono tornare a vivere di gioia.

Quella gioia che puoi provare in qualsiasi parte del mondo, sia che stai viaggiando in America, sia se stai viaggiando dall'altra parte del pianeta, perché il viaggio è gioia.

La gioia di condividere una periodo della vita con persone di altra cultura, di altro colore, di altre religioni.

Parlare con loro, capire come vivono, le loro tradizioni, la loro cucina.

Il mondo non può vivere relegato in un mondo di confini perché ci sta un nemico che ha imposto quanto era stato abbattuto per dare la libertà agli individui.

In quest'anno così angosciante, il ricordo dei tanti viaggi che ho potuto fare, il ricordo dei tanti visi che ho incontrato nel mondo, i momenti di gioia vissuti, mi hanno aiutato a rendere meno buio il trascorrere dei giorni.

Da Marzo è come se fossimo entrati in una sorta di sospensione, un fermo operativo a cui non ero abituato, perché in altre precedenti situazioni avevamo avuto dei fermi ma non di questo spessore.

Tanti progetti su cui lavorare ma le mie mani stanno fremendo nell'attesa che le persone possano tornare a sentirsi libere di poter di nuovo partire, e io con le mie mani possa scrivere il loro viaggio, perché quando si prepara un preventivo, un contratto, questi non sono solo dei "pezzi di carta" ma in essi già ci sta l'anticipazione di quello che verrà dopo, quando il desiderio si trasforma nella reale esperienza.

Caro 2021 sai bene che ti stiamo dando una grande responsabilità.

Tu ci dovrai far dimenticare l'anno che ti precede.

In te noi riponiamo tutte le nostre speranze.

Un augurio di cuore a tutto il mondo.

Con affetto da Santo David

23 dicembre 2020

Lettera a Babbo Natale da un agente di viaggi.

 


Caro Babbo Natale.

Quando ero piccolino ti scrivevo la letterina, la nascondevo sotto il piatto. 

Mio papà faceva finta di essere sorpreso nel trovarla. 

La leggeva e le altre persone ascoltavano con attenzione per poi farmi gli applausi alla fine.

Di anni ne sono passati.

Oggi non sono più un bambino eppure sento che ti devo scrivere di nuovo.

Questa volta non lo faccio solo per me. Fai conto che a scriverti sono tantissime persone.

Caro Babbo Natale,

lo sai benissimo che questo 2020 ha rappresentato il peggior anno per il turismo dal dopoguerra?

La colpa non è certo la tua.

Ci avevi lasciato ed eri contento di vederci sereni, in attesa di continuare a mietere successi nel 2020.

Hai fatto in tempo a ritornartene nella tua casa e rifugiarti in essa, prima che tutto il mondo piombasse in una planetaria angoscia.

Pensavamo e speravamo che al tuo ritorno fossimo usciti da quell'incubo ed invece ci siamo ancora dentro e non sappiamo con certezza cosa ci riserverà il futuro.

Quando ero piccolino scrivevo quella lettera anche perché sapevo che alla fine della lettura, avrei ricevuto dei soldini che avrei investito nell'acquisto di quei libri che amavo tanto leggere.

Anche quest'anno abbiamo scritto tante lettere con la differenza che sono state lette e ignorate.

Vorremmo tanto poterti festeggiare, ma molti di noi si trovano in una grande difficoltà e dovranno fare uno sforzo immane per nascondere il loro disagio, il loro malessere, specialmente i padri e le madri che troveranno la letterina di un figlio o di una figlia.

Caro Babbo Natale tu che sei un vecchio saggio, illumina i nostri percorsi.

Se puoi, mettici anche tu una buona parola perché questo incubo possa finire.

Noi ce l'abbiamo messa tutta. Ci volevano estinti e non ci sono riusciti.

Siamo ancora qui, stremati, stanchi, delusi ma ci siamo.

Abbiamo dimostrato di avere una resistenza incredibile.

Caro Babbo Natale, ti chiediamo di darci ancora una riserva di forza per superare questo ulteriore periodo che ci attende. 

E' come se avessimo percorso una lunga maratona e ora vorremmo entrare nello stadio, compiere gli ultimi giri e tagliare il traguardo che non sarà un traguardo ma deve essere una nuova partenza che ci possa portare a riprenderci tutto quello che ci è mancato.

Abbiamo bisogno di aiuti economici, ma abbiamo bisogno di tornare a disegnare sulla mappa del mondo itinerari da condividere con chi sogna un viaggio.

Caro Babbo Natale...






18 dicembre 2020

Volevo vendere viaggi. Mi sono ritrovato su Zoom


 

Eravamo agli inizi del 2020.

I primi due mesi mi stavano facendo intravedere un anno che mi avrebbe portato verso gli obiettivi che mi ero prefisso nel campo professionale e personale.

Avevo già definito delle importanti vendite per dei viaggi che si sarebbero dovuti effettuare nel corso dell'anno.

Avevo partecipato in qualità di sponsor a un evento che si tenne al Teatro Fellini presso gli Studios di Cinecittà. Una serata a cui avevano partecipato diverse persone e io ero anche salito sul palco per premiare la vincitrice davanti a un pubblico di 500 persone.

Avevo effettuato, come di consuetudine, delle docenze presso l'Istituto Colombo di Roma e avevo in programma degli interventi in aula presso altri istituti.

Il nostro team di lavoro era pronto a coordinare i vari progetti.

Avevamo pianificato una serie d'incontri in cui avrebbero partecipato degli ospiti per conoscerci di persona e avviare delle proficue relazioni.

Mi sentivo al massimo.

Mi sembrava quasi di essere tornato indietro nel tempo a quei periodi in cui mi sentivo addosso una carica di energia così forte da non farti temere alcuna sfida.

Poi è arrivato il subdolo nemico che si è insinuato nelle nostre vite, nei nostri progetti, nelle nostre giornate.

Quella nuvola grigia si è andata oscurando giorno dopo giorno, finché si è trasformata in un carico di angoscia.

Ci siamo ritrovati dentro le nostre case, come degli animali costretti alla cattività.


Lo abbiamo fatto a testa alta perché sapevamo che quel sacrificio era da sopportare per il rispetto delle tante persone che stavano morendo, per chi negli ospedali stava dando tutto se stesso (anche fino alla morte), per aiutare pazienti che non hanno avuto neanche la possibilità di lasciare questo mondo, accarezzati dal tocco di mano di un parente, quel tocco che rende meno traumatico il distacco.

Mi sono ritrovato nella mia casa con strumenti che erano quelli che avevo usato fino ad allora, per collegarmi su internet quando ne avessi avuto qualche necessità o per scrivere qualcosa su word.

La mia stanza era, ed è una stanza di una casa normale, attrezzata per essere una stanza di una casa.

Non potevo pensare che una stanza dove normalmente svolgi le attività casalinghe, la stanza dove ti rilassi, la stanza dove incontri un amico, dovesse trasformarsi in un ufficio.

Per essere un ufficio adeguato la devi attrezzare e la mia non era attrezzata.


La speranza era che questa riorganizzazione durasse un tempo limitato.

I giorni trascorrevano e dopo le cantate sui balconi, le pentolate, gli inni nazionali, è cominciato il periodo dei webinar.

Ero rimasto a Skype

Nessuno mi chiedeva più se avessi questa applicazione.

Mi arrivavano gli inviti con dei link che rimandavano a Zoom, a Google Meet e ad altre applicazioni che ho dovuto scaricare sul desktop.

Pensavo di aver risolto.

Mi sono cominciato a collegare, fiero del mio salto tecnologico e sono iniziati i problemi con la connessione (troppo lenta?), con la webcam, con il microfono.

A volte in diretta, a volte in differita ho cercato di entrare nei back office delle applicazioni per il setting.

Altro traguardo raggiunto. 

Ero pronto a gestire anche la mia prima lezione on line con un prestigioso istituto romano dove sarei dovuto andare di persona ma questo non fu possibile.

Mi avevano chiamato e mi avevano proposto di farlo da casa collegandomi.

Ero sicuro di me. 

Il giorno della lezione mi arriva un link per una nuova applicazione che ti rimanda a delle piattaforme create per questo scopo.

Altra app da scaricare sul desktop. 

Il giorno prefissato entro e sono pronto. La lezione era alle 16.00. Alle 16.30 io e la coordinatrice scolastica a cercare entrambi di capire perché sia la loro che la mia piattaforma non interagissero, mentre una classe di 25 persone che si stavano preparando per un master, erano in attesa della presentazione dell'esperto del turismo.

Probabilmente all'inizio avranno avuto dei dubbi sulle mie capacità di adattamento tecnologico.

Mi sono ripreso la rivincita quando li ho tenuti in ascolto, e non volevano più chiudere la conversazione, per quanto erano rimasti affascinati da quello che gli avevo esposto.



Mentre si andava avanti con queste situazioni, è cominciato il periodo delle dirette su Facebook o su Instagram.

La mia agenda si andava riempiendo di "appuntamenti virtuali". 

Se prima l'agenda aveva uno spazio temporale tra le ore 10 e le ore 18, adesso si stava estendendo dalle ore 07 alle ore 24.

Chi si era inventato il "vediamoci per un caffé", altri ti invitavano all'happy hour on line.

Nel campo della formazione e della crescita personale, elementi di spicco come Roberto Re, Frank Merenda. Livio Sgarbi, avevano programmato delle dirette serali che andavano a sostituire le giornate di meeting svolte, di solito, in bellissime, confortevoli, spaziose sale di grandi alberghi.

Serate che iniziavano alle ore 21 per protrarsi fino alle ore 23.30 e poi alla fine ci stava pure il tempo per le domande. La domanda che avrei voluto fare era " non sarebbe il caso di andare a dormire, visto che domani ho un call alle 7?"

In questo 2020 avevo avuto la brillante idea di segnarmi alla Wall Street English al fine di ottimizzare la mia conoscenza della lingua inglese. Avevo scelto una sede vicino al mio ufficio (quello reale non quello virtuale) per andarci prima di recarmi al lavoro. Nel programma di studio sono previste una serie d'incontri con dei tutor di madre lingua per praticare la conversazione. Tutto questo mi affascinava, il dovermi di nuovo confrontare con l'apprendimento.

Mi sono ritrovato a dover fare la maggior parte di queste conversazioni on line. Altra applicazione da scaricare sul desktop. Quando mi sono collegato, non sempre la connessione era ottimale e quindi la stessa app l'ho dovuta anche inserire sulla home del telefonino che ormai ha esaurito gli spazi disponibili per accoglierne altre.

Pensavo di aver finito e invece è arrivato il momento in cui ti cominciano a chiederti un video da trasmettere su una delle migliaia di pagine Facebook, nate in questo periodo.

Molti nel chiederti questo supporto, pensano che chi lo debba produrre abbia uno studio di registrazione in casa, dimenticando che spesso le normali case sono in coabitazione con altre persone che nel frattempo sono impegnate in altre attività.




Provi a registrare e ti ritrovi il rumore dell'aspirapolvere, il suono del campanello di casa, il postino al citofono, il cane del vicino che non smette di ululare...

Dopo vari tentativi sei riuscito a crearti uno spazio isolato e sei pronto a riprendere te stesso mentre parli. 

Sei lì con il tuo telefonino, lo piazzi sul treppiede così sta con il fermo immagine (evitando effetto Parkinson), la ricarica inserita. Tutto pronto. Stai andando alla grande. Ad un certo punto della registrazione ti lascia in panne e ti arriva la notifica "memoria interna non disponibile".

Nel frattempo, infatti,  quel telefonino è diventato un album che ha accumulato foto, vignette, citazioni, animazioni, emoticon e non ce la fa più, lo devi alleggerire.

Volevo vendere viaggi...

Mi ritrovo una stanza con fili dappertutto, cellulari, microfoni, treppiede.

Sul desktop del computer cartelle, sottocartelle, files, app.

Il telefonino è un labirinto di icone che corrispondono a vie preferenziali per arrivare a entrare nelle tante stanze segrete. 

A proposito di stanze che dire delle stanze virtuali, quelle dove vieni fatto precipitare durante una delle tante dirette.

Arrivi in quelle stanze, sul monitor compaiono delle immagini di sconosciuti con i quali nel giro di qualche minuto, ci si deve presentare, si deve superare l'imbarazzo del "chi sei?".

Dirette che ti portano in ambienti dove lo sfondo più sfruttato è stato quello delle librerie (alcuni fanno sfoggio di librerie così stracolme di libri che mi chiedo quando li abbiano potuti leggere).

Ho visto anche tante mansarde, tanti ambienti stile Ikea, case in campagna con sottofondo di uccellini, uffici con mega logo aziendale alle spalle...

Volevo vendere viaggi e mi sono ritrovato su Zoom.



Santo David


24 ottobre 2020

Chi può organizzare e vendere un viaggio organizzato?





Già durante la pandemia, scorrendo le pagine dei social, ci si imbatteva in fantomatici organizzatori di viaggi, che facendosi beffa anche delle rigide regole che limitavano gli spostamenti, proponevano viaggi.
Dopo la pandemia, in concomitanza con l'inevitabile voglia di viaggiare, è aumentato il numero di personaggi che propongono viaggi in tutto il mondo, spesso denigrando la serietà di chi per legge è autorizzato a organizzare e vendere viaggi.
Molte persone, attratte da belle pubblicità, da messaggi subliminali, da prezzi interessanti, si affidano a queste realtà, e non sempre sono al corrente dei rischi connessi.



Chi può organizzare e vendere un viaggio?

La risposta, nell'immaginario collettivo, potrebbe essere assodata ma non è così.

Partiamo da quello che è contemplato nella legislazione vigente in materia di organizzazione e vendita di viaggi.

Articolo 33 Codice del Turismo

i) “organizzatore”: un professionista che combina pacchetti e li vende o li offre in vendita direttamente o tramite o unitamente a un altro professionista, oppure il professionista che trasmette i dati che si riferiscono al viaggiatore a un altro professionista conformemente alla lettera c, numero 2.4;

l) “venditore”: il professionista diverso dall'organizzatore che vende o offre in vendita pacchetti combinati da un organizzatore;

(ambedue rientrano nella categoria di “professionisti”, persone fisiche o giuridiche, soggetti pubblici o privati che agiscono a scopi commerciali, contrapposti al viaggiatore/consumatore)

Per essere più chiari e comprensibili al grande pubblico, un esempio di organizzatore può essere Alpitour che probabilmente tutti conoscono; un esempio di venditore è l'agenzia di viaggi tradizionale, quella che si può incontrare nelle vie delle nostre città, grandi o piccole che siano.

Ho citato Alpitour per comodità poiché è un marchio conosciuto, ma ovviamente ci sono tantissimi altri "organizzatori" strutturati, così come ci possono essere agenzie di viaggi a carattere familiare e altre che sono inserite in realtà più organizzate sotto il punto di vista numerico.

La stessa agenzia di viaggi tradizionale, quella che generalmente è identificata con il luogo dove poter acquistare biglietterie, e dove è possibile comprare un "pacchetto turistico" organizzato da un Tour Operator, se in possesso essa stessa anche di licenza da tour operator, può organizzare viaggi di sua creazione.

Per essere organizzatori o venditori di viaggi, in regola con le normative di legge, non ci si sveglia una mattina e si decide di mettersi a creare pacchetti turistici o a vendere viaggi, come se niente fosse.

Dietro l'apertura di un tour operator e di un'agenzia di viaggi, ci sta tutto un percorso da compiere per avere tutte le autorizzazioni previste.


I tour operator e le agenzie di viaggi devono stipulare polizze assicurative a favore dei clienti per eventuali disservizi che si dovessero avere in corso di viaggio, devono avere una polizza cosiddetta "Fondo di Garanzia" per tutelare il viaggiatore da eventuali insolvenze.

Il viaggio può essere venduto solo previa stipulazione del “contratto di viaggio” che contempla diritti e doveri per tutte le parti coinvolte.

All'interno di un Tour Operator e di un'agenzia di viaggi, ci deve essere la figura del Responsabile Tecnico, giuridicamente definito "Direttore Tecnico".

Per esercitare questa delicata mansione (il Direttore ha la responsabilità tecnico operativa dell'Azienda che rappresenta) si deve aver superato un esame di abilitazione o aver conseguito la qualifica per "merito" nel senso che si è lavorato per un certo numero di anni in realtà turistiche.

Per garantire la massima presenza del Direttore Tecnico, lo stesso potrà esercitare il suo mandato solo in un'agenzia di viaggi e sue eventuali filiali, o in un solo tour operator.

Negli articoli di legge riportati sopra, si fa riferimento alla voce “professionista”

I tour operator e le agenzie di viaggi devono infatti esercitare il loro mandato con la massima professionalità. 

Per essere dei veri professionisti, si devono seguire corsi di formazione, conoscere gli aspetti legali e assicurativi che ci sono dietro l’organizzazione di un viaggio, essere aggiornati su tutte le disposizioni sanitarie dei vari paesi, conoscere il clima del mondo per consigliare al meglio.

I veri professionisti, devono anche avere doti empatiche nel sapersi rapportare a varie tipologie di clientela per intercettarne bisogni e desideri.

Purtroppo in Italia da quando esistono le agenzie di viaggi, in parallelo c’è sempre stato il mercato parallelo di chi abusivamente organizza e vende viaggi senza averne titolo. 

L’abusivo si nasconde il più delle volte in quelle figure che sfruttano la loro visibilità, le loro doti di grande amico (anche spirituale…) promettono viaggi scontati…tanto il viaggio spesso non è fatturato e incassato anche in nero.

Il problema sorge nel caso che durante il viaggio avvenga l'irreparabile e in tali casi diventa complicato per chi si è affidato al non professionista.

Negli ultimi tempi, in particolare in questo periodo, è un proliferare di presunti organizzatori/venditori di viaggi, che stanno sfruttando anche la situazione di emergenza

Cerchiamo di fare un distinguo per chiarire ulteriormente.

Abbiamo detto che il viaggio deve essere organizzato e venduto da chi è in regola con la legge.

Entriamo ora nel merito di una figura che sta sempre più prendendo piede: il consulente di viaggi.

Intanto facciamo una precisazione.

Questa figura al momento non ha un vero inquadramento di legge come figura professionale nell'ambito del turismo ed è generalmente un “professionista” che per sue capacità, sue attitudini, desidera proporre viaggi a un suo portafoglio clienti o ne vuole creare uno nuovo.

Può essere una persona che conosce bene un determinato target, perché per esempio è un praticante di uno sport, oppure ha un percorso professionale che lo fa stare a contatto con determinate tipologie di clienti.

Agisce per conto di un’agenzia di viaggi autorizzata, prevalentemente con forme di contratto di collaborazione autonoma e occasionale (disciplinata dalle norme che si riferiscono a queste forme di contratto).

Il consulente potrebbe anche utilizzare altre terminologie diverse da consulente, per questioni di marketing e di personal branding. Cambia il nome, non cambia la sostanza.

Come in tutti i settori, ci sta il professionista, che il più delle volte può essere una figura professionale che è da anni nel settore, è stato anche titolare di agenzie o di tour operator, il quale a un certo punto della sua vita, per scelta personale, decide di continuare a fare quello che ha sempre fatto, con altre regole.

Ci stanno pure e non sono pochi i “consulenti” che sono entrati in questo settore, provenendo da altre realtà con l’idea che organizzare e/o vendere viaggi sia una cosa veramente facile, pensano che con un mesetto di formazione siano in grado di potersi definire completi.

Con questo non voglio dire che siano tutti delle mezze cartucce, anzi, molti di questi, nel tempo sono diventati dei veri professionisti, ma hanno faticato, hanno studiato, hanno impegnato gran parte del loro tempo personale.

La qualità del consulente la valuterà il cliente nel momento in cui si metterà in contatto con una di queste figure, e capirà se quel consulente lo è veramente, o di consulenza ci capisce ben poco.

Spesso i presunti organizzatori/venditori di viaggi, si celano dietro piattaforme on line (spesso con sede legale e fiscale in territori extra UE), bellissimi siti fatti di meravigliosi racconti, corredati di video e immagini di gente felice che si è arricchita con questo lavoro.

Alcune di queste piattaforme sono assimilabili a delle catene di Sant’Antonio, dove il viaggio è la leva per attrarre nuovi adepti. 

Può andar bene anche questo, però il fatto di essere dentro questi meccanismi non significa essere un professionista dei viaggi.

Travel blogger.

Sono io il primo a dire che nel mondo dei travel blogger, ci sono persone di alto spessore che hanno percorso il mondo anche in forme meno tradizionali, sanno scrivere, raccontare ed emozionare.

Nessuno gli vieta di poter raccontare le loro esperienze d viaggio, di elargire suggerimenti, ma anche queste realtà, nel momento in cui dovessero proporre idee di viaggi assimilabili al "pacchetto turistico"  (Il Codice del Turismo definisce i pacchetti turistici quei contratti che hanno ad oggetto i viaggi, le vacanze, le formule "tutto compreso" e le crociere turistiche che risultano dalla combinazione prefissata di almeno due dei seguenti elementi, venduti o offerti ad un prezzo forfetario: trasporto; alloggio; servizi turistici non ...) dovrà essere coperto da un'agenzia di viaggi autorizzata per legge.

Spero di avervi fornito delle utili informazioni, in modo che qualora si decida di  scegliere a chi affidare le vacanze, ne avrete tratto dei suggerimenti che vi possano tornare utili.

Se decidete di affidarle a un professionista che svolge questa attività dal 1981, di seguito il mio sito.

https://www.santodavid.it/






27 agosto 2020

Santo David - Consulente viaggi ma pur sempre agente di viaggi


 

Questo blog nacque nel 2011 quando cominciavo ad avvertire che qualcosa stesse cominciando a incrinare quel rapporto idilliaco che avevo sempre avuto con la mia professione di agente di viaggi.

Cominciavo a cercare di capire cosa stesse accadendo, cosa potessi fare per non farmi "spodestare" da quel ruolo che mi aveva dato così tante gioie.

Fu allora che decisi di provare a scrivere un blog che potesse essere una sorta di "diario personale" con l'obiettivo di riflettere in merito alle trasformazioni del settore, e cercare attraverso la scrittura di "tutelare" il ruolo dell'agente di viaggi.

Ricordo ancora l'emozione che provai quando scrissi quel primo articolo " un mestiere, una passione"

(https://www.agentediviaggi.net/2011/07/un-mestiere-una-passione.html)

Quell'articolo è stato il filo conduttore che ha contraddistinto questo blog.

Sono passati nove anni da quel primo articolo e di cose ne sono accadute.

Il sentimento che avevo provato e che mi aveva portato a intraprendere la strada del blog (oltre a questo nel frattempo ne curo altri, miei e per conto di Aziende che rappresento) fu l'inizio di un percorso che mi portò alla fine del 2015 a una decisione che mai avrei voluto prendere, però ci sono situazioni in cui alla fine è meglio mettere la parola fine.

Dopo trentaquattro anni di "agenzia di viaggi" (gran parte raccontata in molti degli articoli di questo blog) decisi che fosse arrivato il momento di distaccarmi e capire cosa avrei potuto fare da quel momento in poi, consapevole che un conto è fare delle scelte quando si è giovani e hai davanti una prateria da percorrere, un conto quando la scelta viene fatta in età matura.

Anche se in quel momento mi vennero prospettate diverse soluzioni di poter tornare a fare l'agente di viaggi tradizionale, avevo necessità di isolarmi da quel mondo che era diventato un mondo difficile, in cui pur essendo sempre apprezzato, stimato, considerato, alla fine tutte queste competenze si perdevano nel marasma che si era venuto a creare.

Un magma che ha offuscato tutto quello che era il valore che un esperto potesse fornire, barattando questo valore con la leva del prezzo, con la presunzione che facendo da soli si potesse risparmiare.

Tendenze oltretutto amplificate dal proliferare di tanti nuovi "attori" che si presentavano sul palcoscenico, facendo presa solo ed esclusivamente sul prezzo più basso, sullo sconto indiscriminato, sulla mancanza di qualsiasi forma di etica professionale.

Flotte di nuovi legionari del turismo attratti da questo mondo che veniva presentato come un mondo dorato. Tante di queste nuove reclute sono entrate nel settore senza avere una benché minima preparazione,  anzi con tanta presunzione di poter essere più capaci di chi questo lavoro lo stava svolgendo da tanti anni e per catturare clientela praticavano sconti indifferenziati.

Avevo anche voglia di ridare un equilibrio alla mia vita personale, per anni dedicata principalmente alla mia professione,desiderio di ritrovare sogni messi nel cassetto in attesa che un giorno li potessi realizzare.

La vita come ben sappiamo può far cambiare il percorso, a volte anche in un solo attimo.

Tutto quello che hai costruito o ricostruito rischia di venire di nuovo giù, come quando mi ricordo da piccolo costruivo le piramidi con le carte da gioco e bastava un soffio, un piccolo movimento del tavolo perché tutto crollasse.

E' arrivato il Covid a sconvolgere le vite di gran parte delle persone.

Chi vive di turismo ne è stato colpito in modo devastante.

Pensavo che a sessant'anni non avessi dovuto più gestire nuove sfide professionali ed invece sono di nuovo qui, questa volta meno solo, con tante persone che stanno vivendo le mie stesse preoccupazioni.

Non sappiamo quale sarà il futuro e non parlo di un futuro lontano, parlo di un futuro prossimo.

Ognuno di noi si starà ponendo delle domande e starà cercando di darsi delle risposte, oppure aspetta qualcuno che gliele dia.

Io di una cosa sono sicuro: a questa età è vero che l'esperienza accumulata è un bagaglio inestimabile, però è anche vero che se per quaranta anni la vita è stata sempre focalizzata su quella passione che ti porti dentro da bambino (come ho raccontato nell'articolo Il Bambino che sognava il mondo) diventa complicato pensare di cambiare totalmente il registro della vita.

Sperando che si possa uscire al più presto da questo maledetto virus, cercherò di continuare a fare quello che ho sempre fatto, seppur da consulente di viaggi, sapendo che dentro di me ci sta tutto il passato di un vero agente di viaggi.

Dico questo con orgoglio e rispetto della mia professione e di tante colleghe e colleghi che si possono pregiare di questo ruolo, visto che oggi sembra che faccia tendenza la parola "consulente di viaggi".

"Un consulente di viaggi non  nasce per caso, come un agente di viaggi non nasce per caso"

22 agosto 2020

Estate in smartworking: il racconto di un agente di viaggi

 

L’anno era iniziato nel modo più tradizionale: riflettendo su quello appena trascorso, sugli obiettivi raggiunti, i desideri realizzati, i progetti ancora da sviluppare.

Il bilancio era piuttosto positivo. Il 2019 mi aveva regalato delle belle soddisfazioni sia in ambito privato sia in quello professionale e tutto questo mi permetteva di poter guardare al nuovo anno con un forte carico di energia e di positività.

Avevo ripreso a studiare la lingua inglese di cui sentivo la necessità di farlo, avendo intensificato i rapporti professionali con clienti e fornitori internazionali.
Mi ero iscritto a una sede vicino il mio ufficio in modo da potermi fermare lì, durante il percorso e farmi la mia ora di lezione.

Per il mese di aprile era in programma un viaggio che avrei dovuto compiere in India per partecipare a un importante evento turistico mondiale. Sarebbe stato un valido test per esercitare le nuove conoscenze in lingua inglese.

Nel campo professionale, stavo seguendo una serie di viaggi di un certo spessore per clienti importanti provenienti dagli Stati Uniti e dagli Emirati Arabi, oltre a diverse richieste che mi erano pervenute da clienti fidelizzati per viaggi da eseguirsi in primavera estate.

Nel mese di Gennaio avevo partecipato e sponsorizzato con la Società turistica di cui sono Direttore Tecnico e responsabile operativo un evento che si era tenuto presso la Sala Fellini a Cinecittà, preludio per un successivo evento che si sarebbe tenuto a settembre a bordo di una nave da crociera.

Nel mese di febbraio, come tutti ben ricordiamo, delle nubi nerastre cominciano a offuscare il cielo italiano.

(Alois Wonaschutz Pixbay)


Tutti le guardiamo con ansia, però nello stesso tempo siamo convinti che le nubi andranno via e tornerà il sole. Lo pensano anche le nostre più alte Autorità, al punto che tardano a prendere delle decisioni che con il passar del tempo non potranno più essere rimandate.

Ci ritroviamo dentro un qualcosa cui nessuno di noi era abituato, neanche le persone più anziane che hanno vissuto sicuramente momenti difficili e complicate nelle loro vite.

Quelle nubi nerastre si trasformano in immagini di sofferenza, di morte e portano nei nostri cuori e nelle nostri menti quei sentimenti che si vorrebbero evitare, ma inevitabilmente ci aggrediscono in simili situazioni: ansia, paura, incertezza, solitudine. 

In una prima fase ho provato un senso di disorientamento nel chiedermi 
“adesso cosa faccio?”

Nel giro di pochi giorni abbiamo dovuto come annullare tutte le nostre vite precedenti, fatte di abitudini, di riti, di azioni, a volte fastidiose (per me poteva essere il traffico, la folla in metropolitana, il rumore) e a volte piacevoli (stare con i familiari e gli amici, l’incontro in ufficio con i collaboratori, il caffè prima di iniziare a calarci negli impegni del giorno).

Ricordo ancora quei primi giorni in cui mi svegliavo sempre alla stessa ora, mentalmente convinto che dovessi percorrere la stessa strada per andare alla fermata della metropolitana e invece avevo davanti a me una lunga giornata da organizzarmi a casa: avevo però tutti gli strumenti necessari per trasformare una stanza in un ufficio virtuale?

Ricordo ancora quelle prime volte che si usciva nelle ore in cui c’era concesso di poter varcare il portone dei nostri domicili e si andava in quei luoghi che erano gli unici che avessero ancora una parvenza di continuità con il passato: la farmacia, il supermercato, il negozio di generi alimentari, la macelleria.

Luoghi dove ci si ritrovava, ci si metteva in fila, chi con la mascherina chi senza (inizialmente neanche si sapeva quale mascherina, avremmo dovuto indossare), nascevano amicizie spontanee, si cercava di allentare la tensione con qualche battuta. 
Il tempo di prendere “i beni di prima necessità” e dovevamo tornare nelle nostre case che nel frattempo erano diventate uffici, scuole, sale d’incisione, palestre, cooking class, aree di meditazione ecc.

Dai nostri uffici casalinghi, almeno noi del settore turismo, in un primo momento abbiamo dovuto gestire oltre l’emergenza sanitaria, il rimpatrio e la messa in sicurezza di tanti passeggeri che in quei giorni erano da qualche parte del mondo o che erano in procinto di partire.

Le nubi nere con il loro carico di sofferenza nel frattempo si erano espanse in quasi tutti i cieli del mondo e quindi tutti ci siamo resi consapevoli che avremmo dovuto fare i conti con una situazione che avrebbe comunque sconvolto le nostre vite e che richiedeva pertanto grandi doti di resilienza nel gestire una sfida così abnorme.

La prima preoccupazione è stata quella di assistere passeggeri in difficoltà, organizzando il loro rientro in patria, garantendo assistenza.
Nel frattempo abbiamo dovuto gestire le prenotazioni per partenze più immediate, monitorando giorno dopo giorno l’evolversi della situazione nel mondo.
Dare rassicurazioni a chi era già prenotato per viaggi non con partenza immediata.

In questo scorrere del tempo non certo allegro e produttivo, è iniziata la fase dei webinar, delle riunioni via web, delle “conference call”,


delle “digital classroom” e anche delle “librerie” che facevano da sfondo a tanti collegamenti. 
Librerie che denotavano anche lo stile di vita, il tipo di letture, dell'interlocutore.

Nel giro di pochi giorni ho dovuto adattare il mio cervello a nuove forme di comunicazione, ho scoperto App di ogni genere, ho dovuto studiare come si crea una lezione on line e termini come Zoom, Google Meet, Teamworking, sono diventati pane quotidiano.

La mia agenda la stavo usando per pianificare "appuntamenti virtuali".

Mi sono dovuto cimentare anche con una lezione di tecnica turistica svolta completamente on line. 
Ricordo ancora quel pomeriggio in cui dopo aver preparato una “carrellata” di slides, mi ritrovai a stare quasi tre ore a parlare davanti ad un computer mentre le immagini scorrevano, sapendo che da qualche parte ci stavano ventisei persone di cui, oltre ad una sigla, non sapevo chi fossero, che volto avessero ed era una sensazione strana. Ogni tanto chiedevo se ci fossero perché provavo la sensazione di parlare a un pubblico che non esisteva. 

Le mie lezioni d’inglese che avevo programmato di frequentare nella bella sede della scuola cui mi ero iscritto, le cominciai a svolgere da casa, condividendo un’ora con altri studenti e studentesse collegate da ogni parte d’Italia e anche in questo caso solo il nome e cognome e tanta curiosità nel pensare quale volto potessero avere. L’unico viso che vedevamo era quello dell’insegnante!.

Sere scandite da bollettini simili a resoconti di una giornata di guerra e in alcune di queste sere, arrivava il nostro Primo Ministro che con la sua oratoria forense, il suo appeal, il suo stile elegante, da una parte ci creava più ansia e contemporaneamente cercava di rassicurarci con parole tipo “potenza di fuoco”, “una valanga di miliardi in arrivo”, tante parole che sono rimaste delle belle parole.

Era gennaio e adesso siamo arrivati ad agosto. Sono passati otto mesi e, purtroppo, le notizie che arrivano non sono certo incoraggianti e non fanno intravedere un autunno roseo.

Personalmente ho cercato di adattare la mia vita, i miei pensieri, le mie abitudini a tutto quello che fosse necessario per gestire la sfida, nella speranza che nel momento in cui si fosse esaurita l’emergenza, si potesse ritornare a riprendere i nostri ritmi.

Non sono stato con le mani in mano, ho continuato a studiare, a leggere libri che mi possano essere di aiuto per modellare il lavoro su forme diverse di approccio alla vendita.
Ho scandagliato nel mare dei contatti quelli che mi possono essere più utili.
Sto pensando a come poter mettere a frutto la mia quarantennale esperienza. Sto cercando di mantenere alto il morale dei collaboratori più vicini a me e nel mio piccolo cerco anche di diffondere pillole di positività verso i colleghi e le colleghe che fanno parte di questo nostro meraviglioso settore, oggi messo veramente alle corde come se fosse un pugile a terra che sta cercando in tutti i modi di risollevarsi prima che il giudice di gara arrivi al dieci nel countdown.
Mentre scrivo, mi accorgo di come tanti anglicismi di cui si è fatto uso spropositato specialmente nel lockdown siano ormai parte d noi!.

Reagire, non farsi sopraffare dalla paura, continuare a crederci, tutto bello e tutto può essere di aiuto, però penso che dentro di ognuno di noi ci sia una “ragione di vita”, quella leva che è il nostro motore, il carburante che riempie il serbatoio delle nostre vite.

In tanti che fanno questo lavoro e l’hanno sempre fatto con grande passione, con dedizione, dando se stessi al lavoro, superando tanti momenti difficili, il nostro carburante non è starsene in una stanza collegati a un computer e cercare di chiudere una vendita, anche se oggi si vorrebbe trasformare ogni rapporto in un rapporto virtuale.

Il nostro carburante è sapere che la mattina quando ci svegliamo, tra le diverse leve del giorno (perché nelle nostre vite abbiamo anche le famiglie, gli amici, i nostri hobbies) ci sono i nostri uffici, non importa se su strada o in un lussuoso appartamento. 
Ci sta il bar preferito vicino la nostra sede, dove prima di entrare in ufficio, ci prendiamo il nostro caffè (e ognuno ha il suo tipo di caffè!) o dove andiamo quando la giornata si fa più intensa. 
Ci aspettano i nostri collaboratori con i quali condividiamo le nostre giornate e con i quali vogliamo raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti. 

Sentiamo la necessità di tornare a confrontarci con i nostri sales che ci venivano a trovare e spesso erano ospiti non graditi perché interrompevano le nostre occupazioni, ma poi alla fine tutto si stemperava in una chiacchierata e in un sorriso, e ci piace stare lì a discutere per un punto in più di commissione.

E soprattutto ci manca la nostra leva più importante: il rapporto con il cliente.

Un rapporto che negli ultimi anni è stato offuscato da tante situazioni che hanno fatto apparire il ruolo dell’agente di viaggi o del consulente di viaggi (cambiano le parole ma sempre viaggi si vendono) superato, obsoleto e poi ci si accorge di quanto sia importante il ruolo di un professionista in qualsiasi settore (vale per l’avvocato, per il medico specialista, per il consulente finanziario, per l’agente immobiliare).

Un rapporto che anche a causa di norme legislative non sempre chiare e precise, ha ampliato attriti tra cliente e agenzia di viaggi, attriti spesso fomentati anche da pseudo avvocati o da alcune associazioni che vedono sempre nelle agenzie la “bestia nera” e spesso non conoscono minimamente le dinamiche di lavoro di un’agenzia.

Io sono un “vecchio agente di viaggi” (su sessanta anni di età, ben quaranta di turismo) e ancora ho forte in me il desiderio di tutte quelle sane abitudini che hanno rappresentato gran parte della mia vita professionale.

Finché ne avrò la forza, non mi farò abbattere dal “giudice di gara” che vuole sentenziare una mia fine.

Continuerò a credere fermamente nel mio ruolo, consapevole delle mie capacità, del mio passato professionale. 
Questo blocco mi è servito anche per uscire ulteriormente da ulteriori “zone di confort” e addentrarmi in situazioni che mi apparivano complesse e si sono dimostrate più facili di quanto pensassi.

Purtroppo per la fine della pandemia devo solo appellarmi alla speranza e se comunque anche questa pandemia dovesse continuare per un tempo indefinito, dovremo tutti adattarci. 
In qualche modo dovremo pure continuare a godere del bene prezioso insito nel viaggiare. 
Lo dovremo fare con più cautela, con più restrizioni, dovremo essere più pazienti nel rispettare procedure ma questo non deve significare non viaggiare più.

Arriverà il giorno in cui questo maledetto virus sarà sconfitto e festeggeremo alla grande quel momento.



01 agosto 2020

Estate 2020: un'insolita estate italiana, ricordando altre estati...




"Dove vai in vacanza?"
"Lo sai che in questo periodo non posso andare"
"Hai ragione adesso devi far partire gli altri"
"Poi tu non hai problemi a sceglierti la vacanza"
"Infatti io andrò quando gli altri lavorano"
"Beato te!"

Il breve dialogo era abbastanza usuale quando si arrivava al mese di agosto e noi agenti di viaggi, stremati da un lungo periodo di intenso lavoro, iniziato verso la fine del mese di febbraio, quando tornavamo dalla Bit con i nostri trolley carichi di materiale da distribuire ed esporre nelle nostre agenzie, non avevamo tempo per pensare alle nostre vacanze.


Avevamo troppe persone che dovevano partire, a cui dovevamo preparare i documenti di viaggio. 
C'erano quelli che arrivavano all'ultimo in cerca delle occasioni, del "last minute" e spesso avevano anche la fortuna di trovare offerte interessanti, concedendosi vacanze in posti dove mai avrebbero pensato di poterci andare.

Erano gli anni Novanta, quelli della "Milano da bere".
Erano gli anni in cui l'Italia stava attraversando un nuovo "boom economico", gli anni degli Yuppies.


Eravamo usciti dalla paura della "Prima Guerra del Golfo", il mondo continuava ad aprire frontiere che per anni erano state chiuse, sotto folli dittature.

Anni in cui si voleva far vedere agli altri che il tuo stile di vita era migliore e lo dimostravi spesso acquistando un viaggio costoso, o andando a soggiornare nel villaggio di moda.

In questi giorni le forze erano veramente agli sgoccioli, avevamo trascorso giornate intere in ufficio, spesso oltre i normali orari.
Avevamo messo da parte amicizie perché non avevamo il tempo di poter uscire la sera, anzi spesso di sera dovevamo anche incontrarci con il vicino di casa, che ci aspettava perché andassimo a cena da lui per parlare delle sue vacanze (i consulenti a domicilio esistevano già prima che questa forma di vendita diventasse un "business" per chi ci ha costruito sopra una rete di consulenti)

Le occasioni per uscire le trovavamo nelle tante belle feste che si tenevano in quegli anni.

Tour operator, compagnie aeree, enti del turismo, facevano a gara nell'organizzare l'evento più bello ed esclusivo.

Ci si ritrovava in una grande albergo, in una discoteca in riva al mare, in un locale VIP ed eravamo tutti noi, agenti di viaggi, a condividere momenti di allegria e anche a scaricare quella tensione che si era accumulata durante la giornata.

Torniamo a bordo della "macchina del tempo" e facciamo un salto avanti 
Estate 2020.

Erano anni che le cose non erano più quelle degli anni Novanta e inizi anni del Duemila.

Lo sapevamo che il nostro lavoro, pur rimanendo un bel lavoro, non poteva più essere quello che per anni aveva accompagnato le nostre estati, e ci aveva fatto sentire di essere delle persone privilegiate, orgogliose della propria professione.

Mai avremmo potuto pensare che un giorno nelle nostre vite private e professionali avremmo dovuto fare i conti con un "nemico invisibile", che però ad un certo punto, pur rimanendo invisibile, si è guadagnato una visibilità planetaria, destabilizzando le nostre vite.


In questa insolita Estate italiana, verso la fine di febbraio, abbiamo fatto in tempo ad andare a qualche serata in cui alcuni tour operator (a dir vero pochi, anche perché ormai ci sono i "grandi gruppi industriali") hanno presentato la programmazione estiva, ricca di novità e di offerte per il "prenota prima".

Ci siamo incontrati con i sales e come sempre abbiamo discusso per un punto in più di commissione, abbiamo garantito fatturati in crescita, ci sono stati richiesti incrementi di vendite, altrimenti ci avrebbero chiuso i codici.

Molti di noi sono saliti a bordo di bellissime navi e avevamo con noi i nostri "strumenti" per fotografare le cabine, i ponti svago, i ristoranti, la discoteca e farle girare sui social per invogliare le persone ad andare in crociera.

Abbiamo fatto accordi con i DMC per essere svincolati dai Tour Operator, abbiamo cominciato a creare i "nostri pacchetti", ad organizzare eventi rivolti ai nostri clienti.

Pur consapevoli che il nostro lavoro non è più quello degli Anni 90, ci siamo comunque "attrezzati" per cercare di portare a casa il massimo del risultato, confortati anche da un'estate 2019 in cui comunque avevamo notato un ritorno nelle agenzie, e per chi fa incoming, era stato un anno d'oro se non di platino.

Cominciammo a sentire delle notizie che parlavano di rischio contagio in Italia, apparve qualche primo virologo a spiegarci qualcosa ma sembrava che ancora non ci si dovesse preoccupare.

"L'influenza è peggio fa più vittime"

"I media devono sempre creare allarmismo per crearci problemi, passerà tutto"

Volevamo essere tutti ottimisti e positivi... ed invece sappiamo come è andata.!

Ogni meta turistica su cui avevamo sempre creato i nostri business, ci chiudeva la possibilità di accesso.
Ci sentivamo gli "appestati" e ci chiedevamo come fosse possibile che in altri paesi, anche a noi vicinissimi, questo virus non fosse arrivato. 
Era arrivato ma solo che anche i loro governi tendevano a minimizzare per non creare destabilizzazione.

Ci siamo ritrovati dentro le nostre case, abbiamo trasformato una stanza in un'agenzia di viaggi, perché non potevamo più andare nelle "reali agenzie di viaggi".
Hanno coniato un termine per addolcire il dramma e ci hanno detto che si può lavorare in "smart working"... anche se poi così smart non lo è affatto.!

In queste "virtuali agenzie" abbiamo dovuto gestire difficili emergenze. 
Situazioni che richiederebbero concentrazione, e invece molti di noi hanno dovuto fronteggiare questo problema, condividendo spazi con altre persone del nucleo familiare, esse stesse "agli arresti domiciliari"

Nei primi giorni mentre eravamo focalizzati nella gestione dell'emergenza arrivavano cori dalle finestre, inni dai balconi, concerti di pentole e padelle....

Si sperava in un ritorno alla normalità in breve tempo, ed invece i tempi si sono allungati oltre ogni auspicabile previsione.

Non potendo più andare ai workshop, alle fiere, alle "serate" ai "lunch working", gli operatori hanno cominciato a mandarci inviti a partecipare ai webinar (più facile di "seminario interattivo su Internet")




Ci siamo ritrovati catapultati in giornate in cui siamo passati da Zoom (lo zoom che piace a me era quello che usavo quando facevo belle foto in viaggio), a Google Meet, a dirette su Facebook ed Instagram. 
Abbiamo dovuto scaricare app in continuazione.

C'è chi ha organizzato i Karaoke, chi "gli aperitivi on line", chi "corsi di marketing e formazione"

Piazze virtuali, dove spesso abbiamo fatto i conti con delle reti non adeguate, con acustiche non gradevoli: a volte quattro partecipanti, a volte comizi di persone.

Uno degli appuntamenti più "angoscianti" era quello serale con "Giuseppe" a cui ci appellavamo perché speravamo che arrivasse qualche aiuto a darci speranza.

Un'insolita estate italiana in cui gli agenti di viaggi, anzi a dire il vero una parte della categoria, si è ritrovata in più occasioni a "scendere in piazza" non per "incendiare auto e distruggere vetrine" ma per far capire a chi ci governa quanto sia importante il settore del turismo.

Si sono create delle reti che hanno trovato soprattutto nei social un grande catalizzatore.

Sono nate nuove idee che "dovrebbero" trasformare il lavoro dell'agente di viaggi. 
Alcune di queste iniziative sono nate da persone che già vivono questo lavoro e quindi ne hanno esperienza, altre sono reti che stanno cercando di intercettare degli adepti.

Un'insolita estate italiana.

Anche quando siamo tornati nelle nostre agenzie, abbiamo guardato le pile di cataloghi che ci avevano consegnato prima del "lockdown" (altro bell'anglicismo per addolcire il "confinamento") ci siamo chiesti "e adesso che ci faccio di tutti questi cataloghi ?"

I tour operator non potevano certo mandare in stampa cataloghi dedicati solo all'Italia perché ancora non sapevano che avremmo potuto vendere solo il "turismo di prossimità"

E siamo passati alla fase delle idee di viaggi per il turismo domestico.

Molti di noi abituati a programmare e vendere altre tipologie di viaggio hanno "sofferto" nel doversi riposizionare.

E' stato come svegliarsi da un "addormentamento" e abbiamo scoperto quanto fosse bella la nostra Italia, quante proposte di viaggi avremmo potuto creare in Italia.


Mai come in questo periodo ho visto un fiorire di idee di viaggi in Italia: dalle barche e ville per clienti stile Briatore, alle passeggiate tra le pecore (con tutto il rispetto per le pecore), alle visite città per piccoli gruppi, in un mix che denota da una parte il desiderio di non soccombere, ma anche la difficoltà nel riposizionare un target, un brand, con il rischio di snaturare anche il brand principale.

Un'insolita estate italiana.

Sin dai tempi della scuola ci hanno insegnato l'importanza del voucher come uno degli strumenti più importanti per le agenzie. 
Un foglio di carta che presentato in qualsiasi albergo del mondo dava diritto ad un soggiorno. 
Un termine che spesso abbiamo faticato a far comprendere a chi si accingeva a partire e gli sembrava stano che a fronte di un investimento di soldi, gli stessimo consegnando un voucher o un "buono di cambio". 
Dietro le nostre spiegazioni il cliente usciva dall'agenzia più tranquillo.

In questa insolita estate italiana il "voucher" è diventato uno strumento che invece ha creato forti attriti tra le agenzie, i tour operator e i clienti. 
In questa insolita estate, i clienti sono usciti dalle agenzie con un voucher per non andare in vacanza, per aspettare che potranno farsela la vacanza....

A complicare le cose è arrivato il "buono vacanza": chi lo accetta, chi non lo accetta, come lo accetta, tutto questo per "aiutare il settore a riprendersi...."

Nella mia vita professionale, anche negli anni più complicati, l'estate ha sempre rappresentato un periodo di intenso lavoro, di intensa attenzione, seguito da un periodo di "decompressione" per poi cominciare a pensare di nuovo al da farsi.

Potrò inserire nel mio diario di "agenti di viaggi" anche il racconto di un'insolita estate italiana. 

Voglio sperare che sia il racconto di un'unica insolita estate italiana e poi ci si possa avviare verso una prossima estate che sia un'estate che non ci faccia dormire la notte, non perché la notte ci porti angoscia ma perché la notte ci porti l'adrenalina per una nuova, intensa, giornata di quel bel lavoro che tutti noi amiamo ancora fare.

Santo David

Nota: le foto contenute in questo articolo sono state acquisite da Pixbay, libere per usi commerciali.















23 luglio 2020

Agente di viaggi. Professione da rottamare?

 Dariusz Sankowski Pixbay 

Agente di viaggi: una professione da rottamare? 

Mi sto avviando verso il sessantesimo anno d’età che a dire il vero sarà il prossimo aprile e nello stesso tempo mi avvierò al mio quarantesimo anno da “agente di viaggi”. 

Dopo quaranta anni di servizio in questo settore, ha ancora un senso chiamarsi 
agente di viaggi” 

Non è che questa professione sia arrivata al capolinea come lo fu per tanti altri gloriosi mestieri? 

La via dove abito qui a Roma, come tante vie, tante piazze delle nostre città, dei nostri paesi, testimonia quello che è accaduto negli ultimi anni. 

Dove oggi ci sono serrande chiuse da tempo, già molto prima del Covid, ci stava “Sor Angelo, il fornaro che teneva la penna sopra il lobo dell’orecchio destro”, “Sor Gianni er macellaro” che aveva una testa di toro appesa alla parete della sua macelleria, “La Sora Maria che vendeva la frutta”, e poi “Onorino il barbiere” con il cavalluccio per i bambini. 

Ma non ce ne stava solo uno di negozio di alimentari. 
Nella stessa via che è una via di un normale quartiere, ci stavano quattro negozi di questo genere, e ci stavano tre negozi che vendevano la carne, ci stava la cartoleria dove noi ragazzi compravamo il materiale che ci serviva per andare in classe, ci stava la tintoria dove i più agiati portavano la biancheria a farla lavare e stirare, ci stava il “pesciarolo” che il martedì e il venerdì arrivava con il pesce fresco, e poi ci stava una grande ferramenta dove tutti i giorni era un pellegrinaggio di carpentieri, idraulici, fabbri che andavano lì a comprare tutto quello che gli serviva per il loro lavoro.
Il sarto che ti cuciva su misura il vestito per le cerimonie importanti, “il giornalaio” con la sua edicola sempre piena di quotidiani e di riviste, quello che quando ti vedeva arrivare ti preparava il “tuo giornale”. 
Ci stava il bar dove ci si riuniva, dove si andava a comprare il “Latte della Centrale” (quando a Roma esisteva solo questo tipo di latte) e dove quelli più anziani si facevano la partitella a carte. 

Si andava nella via principale del quartiere perché lì trovavi i negozi più di tendenza: il grande negozio di abbigliamento dove il proprietario e i commessi sapevano tutto di te, conoscevano a memoria le tue taglie, la misura del collo della camicia. 

Nella via principale ci stavano i negozi che vendevano i tessuti, il “mobilificio” dove quando compravi un armadio, un tavolo, ti duravano per anni e anni. 

Trovavi il negozio di elettrodomestici che aveva tutte marche italiane, ci stava la “gelateria” dove i gusti erano al massimo cinque, il ristorante dove spesso si svolgevano anche i banchetti delle prime comunioni e dei matrimoni, la pizzeria con la tovaglia di carta. 

Nel mio quartiere come in tutti i quartieri ci stava il “mercato rionale”, con le bancarelle, con i vari personaggi che lo trasformavano in una sorta di “teatro all'aperto”, con le voci dei venditori che si confondevano tra di loro, proponendo la loro merce. 

Era un mondo fatto di relazioni, ci si conosceva, ci si fidava, ci si rispettava anche tra negozi concorrenti. 

Andare a fare la spesa era anche un pretesto per scambiare delle chiacchiere, per parlare della partita di calcio. 

Vedere a quei tempi un’agenzia di viaggi era quasi un miraggio e nei posti dove qualche pioniere aveva iniziato a svolgere questa attività, quel luogo era come il “Poster” della canzone di Baglioni, quando in una fredda banchina del metro lo sguardo di chi stava attendendo andava a un poster della Tunisia... e gli veniva voglia di andare lontano, lontano.



Poi è accaduto tutto quello che è accaduto: la globalizzazione, la digitalizzazione, la informatizzazione, le app, la liberalizzazione, e tante altre belle parole che riempiono le nostre giornate e di cui tutti, nessuno escluso, ne beneficiamo, hanno fatto sparire tutto quel tessuto di relazioni che era il nostro mondo di ieri. 

Essere agente di viaggi ci faceva sentire di essere una categoria privilegiata, quasi invidiata, perché noi potevamo andare con facilità dove gli altri sognavano di andare.

Aspettavano che noi tornassimo da quei luoghi esotici per ascoltare i nostri racconti e dirci “beato tu che viaggi” "quando riparti?"

Eravamo una categoria di privilegiati e nella maggior parte dei casi eravamo anche persone con una grande preparazione tecnica ed umanistica.
 
Molti di allora, pionieri lo sono stati davvero, hanno portato in Italia destinazioni di cui non si sapeva nulla, hanno creato da zero grandi Aziende che hanno dato lavoro a tante tante persone. 

Grazie a noi privilegiati, migliaia e migliaia di persone hanno scoperto il mondo, hanno potuto viaggiare in estrema sicurezza, hanno avuto sempre persone al loro fianco che non li hanno mai abbandonati. 

Oggi, questa categoria, come tante altre categorie che non esistono più o si sono trasformate (l’osteria è diventata il wine bar, la gelateria che vendeva cinque gusti ma fatti ad arte oggi è un franchising, e il gelato è uguale in ogni punto vendita, il ristorante è stato sostituito da altre forme di ristorazione che affidano i loro pasti a dei “riders” che con le loro borse gialle li portano a casa delle persone, il fornaio è diventato la boutique del grano e vende pane di ogni tipo ma non trovi più il “casereccio”…) per molti è da rottamare, non ha più senso di esistere, anzi perché aiutarle se ormai anche i soldi che ci arriveranno dal “Recovery Fund” dovranno essere investiti in digitalizzazione, in “smart working”, in “green economy”. ?

E chi sta dentro questo settore come si deve sentire? 

Un peso inutile per la collettività, un “dinosauro” da tenere in un museo preistorico? 

Si deve sentire in colpa per avere creduto in un progetto di vita, e aver interpretato al meglio quel suggerimento che dice che il miglior successo è “fare il lavoro che ami” ?

Purtroppo però il Covid è arrivato a distruggere anche quelle ultime speranze su cui molti di noi credevano ancora, probabilmente accecati dalla passione, che questo lavoro fosse inossidabile. 

Il “castello di carte” è venuto giù e non poteva essere diversamente, quando un’attività che vive di spostamenti non ha più un luogo dove poter far spostare le persone e non basta farle spostare nella “prossimità” 

Nelle aziende del settore, siano esse piccole realtà che grandi Aziende, gravitano tante persone.  Se manca la materia prima tutto si ripercuote a catena, creando ulteriori danni che si vanno a sommare a quelli già creati dal virus. 

Questo in uno Stato che oggi cerca di poter fare quello che può fare con i mezzi a disposizione per sanare dei drammi che oggi si sono amplificati, ma sono il frutto di anni e anni in cui questo Stato è stato spolpato, mal governato, uno Stato fatto spesso di trame oscure, lo Stato della Mafia, della criminalità organizzata, del terrorismo, della P2. 

Lo Stato che nel passato concedeva favori a tutti, creando posti in eccesso nella Pubblica Amministrazione pur di prendere voti, uno Stato che ha generato stipendi e pensioni stellari, uno Stato che ha distrutto la Sanità Pubblica. 

Mentre scrivo queste parole non so se lo sto facendo per rabbia o per rassegnazione. 

Da una parte vorrei incazzarmi e scendere anche io in piazza come hanno fatto tanti colleghi e colleghe, a cui va tutto il mio applauso, probabilmente più incazzati di me, ma nello stesso tempo, forse perché a sessanta anni vorresti “rilassarti” dopo tanti e tanti anni di servizio, mi chiedo se questo Stato meriti la mia incazzatura, uno Stato che quando ho avuto bisogno non mi ha dato nulla e ho dovuto sempre far leva sulle mie ultime residue energie,  prima che soccombessi.. 

A sessanta anni ci si vorrebbe rilassare, avrei voglia di stare tra i giovani e raccontare loro la mia vita da “agente di viaggi”, i miei quaranta anni trascorsi nelle agenzie, trasmettergli la mia esperienza, la mia competenza, aiutarli a crescere, farli diventare dei veri professionisti. 

Vorrei trascorrere le mie giornate, facendo quello che sto facendo di più in questi giorni: scrivere, scrivere e raccontare viaggi, esperienze. 



Ed invece sono ancora qui a dovermi chiedere “cosa farò da grande”, perché in questo Stato a sessanta’anni non sei più giovane, ma non sei neanche anziano.
Ci hanno detto che per arrivare ad avere un misero obolo di pensione (perché noi agenti di viaggi non possiamo aspirare alle pensioni d’oro) dobbiamo ancora lavorare e produrre. 

Ci hanno detto “oggi puoi essere l’imprenditore di te stesso” e allora ti apri una partita Iva per essere imprenditore di te stesso, ed entri in un “tunnel pericoloso” di tasse e contributi da versare. 
Non hanno di te pietà neanche quando non puoi vendere nulla. 
Ti dicono “ti posso dare massimo 600 euro, fattele bastare”. 

Ma anche questa volta non mi arrenderò, non gliela darò vinta a chi vuole vederci finire come quelle macchine che stanno dentro gli sfasciacarrozze in attesa di diventare una lastra. 

Finché avrò la forza, la determinazione, e l’energia non butterò al vento tutti i miei anni passati in questo settore, anni di cui sono fiero e non me ne frega niente se chi mi dovrebbe tutelare, come rappresentante dello Stato Italiano che gestisce il Ministero da cui dipende il nostro settore, è il primo a ritenere il nostro settore un settore ormai defunto.


(Riflessioni di un "agente di viaggi" fiero di esserlo)
Santo David